La testimonianza di Francesco

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Arco Senza Barriere non è solamente il mondo Paralimpico agonistico, quello dei grandi azzurri e dei grandi risultati. Arco Senza Barriere è anche l’arciere che si avvicina al tiro con l’arco. Meglio ancora se appartiene al settore giovanile.

Perciò oggi vi proponiamo la testimonianza di Francesco Tomaselli, un giovane arciere, e della sua famiglia, con la speranza che possa trasmettere tutta la sua motivazione a tante altre persone e tanti altri ragazzi come lui e non solo…piccoli campioni di vita, oltre che di sport, che attraverso l’attività sportiva sono riusciti a raggiungere l’autonomia e migliorare la propria vita, quella dei genitori, degli amici e di tante persone attorno a loro.

 

Francesco tomaselli“Francesco all’età di dieci anni frequentava la 5ª elementare. Un giorno tornò da scuola chiedendo a me e mio marito di poter partecipare ad un corso di tiro con l’arco organizzato dalla scuola; non sapevamo cosa rispondere perché non volevamo che lui si potesse sentire diverso da tutti i suoi compagni di classe, così accettammo di andare alla riunione che si sarebbe svolta due giorni dopo, sicuri che gli istruttori ci avrebbero spiegato che Francesco non avrebbe potuto partecipare a causa della sua situazione … invece non fu così.

Gli istruttori ci dissero che Francesco poteva partecipare tranquillamente al corso nonostante fosse tetraplegico e che lo avrebbero aiutato. E così fece il corso con un arco che il presidente della società di arco comprò apposta, in quanto gli archi scuola erano troppo grandi per lui che era in sedia a rotelle. Alla fine del corso fecero una gara interna e lui totalizzò tre punti, fecero una festa e gli diedero un attestato di partecipazione. Pensammo che sarebbe finito tutto.

Nel settembre di quello stesso anno ci furono le Paralimpiadi e Francesco cominciò a seguirle e a rendersi conto che c’era tanta altra gente in sedia a rotelle che praticava il tiro con l’arco e iniziò a dirci che avrebbe voluto riprendere ad allenarsi. Non sapevamo cosa dirgli esattamente perché gli istruttori ci avevano spiegato che lui avrebbe potuto sì allenarsi acquistando un vero arco ma non avrebbe potuto partecipare alle gare, per via della sua situazione. Cercammo di tergiversare aspettando che gli passasse l’interesse per non ferire le sue aspettative.

Francesco tomaselli

Francesco quando vide Oscar De Pellegrin, proprio un italiano, vincere le Paralimpiadi manifestò ancora più interesse per il tiro con l’arco. Un giorno Francesco si mise al computer e inviò una email alla Federazione Italiana facendo i complimenti al campione paralimpico e spiegando che lui era un ragazzino di 10 anni in carrozzina e che era rimasto affascinato da questo sport e voleva intraprenderlo anche lui.

Intanto acquistammo l’arco e tutto l’occorrente e iniziò così gli allenamenti…ogni volta non vedeva l’ora che arrivasse il momento di andare ad allenarsi.

Incominciò la prima media e un pomeriggio mentre faceva i compiti squillò il telefono, andai a rispondere e dall’altra parte della cornetta c’era Oscar De Pellegrin in persona. Aveva letto l’email di Francesco ed era curioso di sentire dalla sue voce quello che pensava di questo sport, così passai il telefono a Francesco tutto emozionato e meravigliato di poter parlare proprio con colui che da quel momento sarebbe diventato anche un amico, oltre che idolo sportivo. Anche io ero molto emozionata e contenta che una persona che aveva appena vinto le Paralimpiadi avesse chiamato proprio mio figlio per incoraggiarlo a non mollare e a divertirsi attraverso il tiro con l’arco.

Francesco tomaselli

Intanto Francesco continuava ad allenarsi tranquillamente e sempre più felice, e così anche noi, vedendolo sereno e tranquillo, senza più quella rabbia interna e capace finalmente di accettare la sua disabilità, ci sentivamo più felici. Qualche settimana dopo Oscar gli inviò la maglietta della nazionale con una dedica speciale che Francesco conserva con molta gelosia. Francesco e Oscar continuarono a scambiarsi email fino a maggio 2013 quando Oscar gli scrisse che l’8 giugno sarebbe stato a Reggio Calabria e che gli avrebbe fatto molto piacere incontrarlo di persona, chiedendoci se potevamo accompagnarlo. Francesco non stava più nella pelle e ci convinse a fare 500 Km “solo” per conoscere Oscar.

La mattina dell’8 giugno alle quattro della mattina io, mio marito, Francesco e il presidente della società partimmo per Reggio Calabria. Alle 10 eravamo lì ad aspettare, finchè da lontano arrivò un signore in sedia a rotelle insieme ad altra gente che allora non conoscevamo ancora: era Oscar con tutto lo staff della Federazione. Francesco era ammutolito e non riusciva a dire una sola parola; Oscar disse a mio marito di montare l’arco di Francesco e che fra quelle persone c’era anche il tecnico “Willy” Fuchsova, il coach di Oscar durante lo shoot-off a Londra, che avrebbe dato dei consigli a Francesco.

Francesco da un lato era spaventato, ma dall’altro era contento e da come mi guardava si capiva che la sua gioia era veramente tanta quel giorno; ma le sorprese non finirono perché mentre Oscar e Willy parlavano con Francesco e noi, arrivò un’altra persona molto famosa nello sport, Andrea Lucchetta, che si prestò a fare una sfida con Francesco.

In quell’occasione Oscar ci disse che a fine giugno a Palermo ci sarebbero stati i campionati italiani Para-Archery e che sarebbe stato bello per Francesco vedere una gara nazionale. Così il 29 giugno partimmo per Palermo e anche quella fu un’altra esperienza bellissima per Francesco e per me che ebbi l’opportunità di parlare con la mamma di Elisabetta Mijno. Mi disse di incoraggiare mio figlio a praticare questo sport perché l’avrebbe aiutato tanto nelle avversità della vita. Dopo quella chiacchierata parlai con mio marito e ci rendemmo conto che tutto quello che stava succedendo stava accadendo per fare in modo che Francesco continuasse con il tiro con l’arco … e così è stato.

Al rientro continuò con gli allenamenti tutta l’estate ed era sempre più determinato a raggiungere risultati migliori. Incominciò a fare delle gare, facendo squadra con altri due ragazzini normodotati e vincendo le prime medaglie. Sul viso di Francesco si vedeva la felicità e anche io, di rimando, incominciai a vedere la vita con occhi più sereni.

Nella successiva stagione indoor, Oscar riuscì a far inserire le classi giovanili nei Campionati Italiani Para-Archery di Zola Predosa e anche lì andammo, ma questa volta Francesco doveva gareggiare contro, anzi insieme, ad un ragazzino che era bravissimo; non si fece nessun problema e gareggiò con questo ragazzino conquistando il secondo posto. In quell’occasione conoscemmo altri tre ragazzini con le loro rispettive famiglie.

Dopo questo campionato sono cambiate tante cose perché si cominciò a parlare di formare una squadra giovanile della quale Francesco doveva far parte insieme ad altri ragazzini. Lo vedevamo sempre più contento, parlava del tiro con l’arco con sempre maggior motivazione.

Ricordo la faccia di Francesco quando nel mese di agosto arrivò la prima convocazione ufficiale dalla Federazione per il primo raduno di Poggibonsi dove furono dati alcuni riser in comodato d’uso per tutti gli arcieri. In quel raduno Willy diede tanti consigli a Francesco per poter migliorare il tiro. Furono due giorni intensi di lavoro ma lui era così contento che sarebbe stato sul campo di tiro fino a notte inoltrata.

Francesco tomaselliSeguirono altri Campionati Italiani, allenamenti e gare varie fino ad arrivare al raduno che ci fu a marzo 2015 a Roma all’Acqua Acetosa dove fu consegnata ai ragazzi la divisa blu con la scritta ITALIA. I ragazzi erano sbalorditi e non riuscivano a nascondere l’emozione. In quella occasione fu chiesto a noi genitori di lasciarli fare da soli al ristorante, c’era il self-service e dovevano servirsi da soli; io che sono sempre stata super protettiva mi resi conto che Francesco era in grado di fare tutto e di gestirsi da solo, intervenendo solo in alcuni momenti più critici e così in quel momento mi ritrovai a pensare alle parole della mamma di Elisabetta.

Francesco in questi tre anni ha dovuto combattere con tante difficolta che ogni giorno sono presenti, specialmente con la scuola: con professori che non sanno come comportarsi con lui, con compagni che vedeno la sua situazione come un “problema”.

Ringrazio ogni giorno di aver fatto quei 500 Km senza saper che da quel momento mio figlio sarebbe cambiato, che oggi lui ha dei sogni: di andare bene a scuola, di allenarsi, di fare gare ogni domenica possibile e che dopo la maturità scientifica vorrà andare all’università, senza lasciare mai il tiro con l’arco.”

Qualunque parola sarebbe superflua a questo punto.

W il tiro con l’arco. W lo sport. W la vita … ritrovata!

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