Salve a tutti,
mi chiamo Kimberly, ho 19 anni, vivo a Gela e sono affetta sin dalla nascita di spina bifida. Scrivo questa mia lettera per raccontarvi come sia nata la mia passione per il tiro con l’arco.
Ricordo che tutto è cominciato meno di tre anni fa, quando tra le mie consuete sedute di terapie riabilitative c/o il centro AIAS, venni avvicinata da un operatore della struttura, oggi mio presidente ed allenatore della mia Società, che mi chiese come si svolgesse la mia giornata quotidiana. Mi prese un po’ alla sprovvista, ma subito dopo dissi che andavo a scuola, seguivo il piano terapeutico e che il resto della giornata lo passavo tra i miei amici e i miei hobby.
Mi chiese se praticassi sport (parola per me in quel momento sconosciuta se non visto in tv), invitandomi a provare alcune discipline che l’ASD Arco Club Gela svolgeva anche a favore dei disabili in una palestra della mia città. Pur non nascondendo la mia diffidenza nel non poter fare sport, accettai l’invito e una sera nei giorni che mi aveva indicato, accompagnata dai miei genitori, andai. Mi chiese se volevo provare a tirare con l’arco, diedi il mio consenso e, nonostante la fatica nel tirare quella corda, ero soddisfatta e contenta di voler centrare quel paglione tirando e appassionandomi. Ricordo che il presidente, avvicinandosi ai miei genitori, gli disse che se l’esperienza mi era piaciuta potevo ritornare per continuare a provare. Tornando a casa entusiasta chiesi ai miei di poter ripetere l’esperienza fatta quella sera: non vedevo l’ora di ricominciare a tirare.
Iniziai a frequentare saltuariamente gli allenamenti in compagnia degli altri arcieri, al punto che un giorno venni a conoscenza che era previsto un raduno per giovani arcieri e che sarebbe stato presente il C.T. della Nazionale Para-Archery Fitarco Guglielmo Fuchsova – attuale mio tecnico – che, non appena mi ha visto tirare, cominciò a darmi consigli affinché assumessi condizioni e posizioni che avrebbero favorito il tiro.
Il vedere tanta attenzione nei particolari verso la mia persona mi fece capire che forse nulla era impossibile e che basta(va) crederci nelle cose che uno vuole.
Poi ho visto il C.T., il presidente e i miei genitori parlare tra di loro: mi invitavano a intraprendere l’attività anche sotto l’aspetto psico-fisico, perché male non mi avrebbe fatto. Da quel giorno cominciai a frequentare gli allenamenti e vedevo che la cosa mi prendeva sempre più, appassionandomi giorno dopo giorno e innamorandomi di questa disciplina.
Ricordo come se fosse ora che, nel maggio del 2014, iniziai a tirare allenandomi con tutto il gruppo di ragazzi della mia età che condividevano la mia stessa passione. Il mio primo tesseramento alla Fitarco e l’invito a giugno del 2014 a partecipare al Campionato Italiano Para-Archery, che si svolgeva a Barletta.
La mia prima trasferta fuori dalla mia città, da atleta per i colori della mia Società è stato un sogno. Sarebbe stata la mia prima gara ed ero emozionata al punto che durante la notte mangiavo i chilometri di strada che separavano la mia Sicilia con la Puglia, non vedendo l’ora di arrivare a destinazione. La notte prima della gara non riuscivo a dormire, perché volevo fosse già mattino per essere sulla linea di tiro per il mio primo Campionato, pronta a mostrare a me stessa quanto valessi.
Il giorno della gara, per quanto fossi felice e desiderosa di iniziare a tirare, ero impaurita, ansiosa ed anche un po’ incredula perché per la prima volta mi sono trovata in uno dei posti per me sconosciuti insieme ad una miriade di arcieri più grandi e più bravi di me. Pur non avendo totalizzato un punteggio alto ero enormemente soddisfatta per quello che con il sostegno del tecnico, del presidente e di mia madre sono riuscita a fare.
Da lì è iniziata la mia carriera di arciere, ho continuato ad allenarmi con più assiduità pur avendo altri impegni riguardanti l’ambito scolastico … ma oramai il tiro con l’arco era diventato parte di me.
E lo è stato ancora di più quando, il 6 settembre 2014, sono stata convocata al primo raduno della Nazionale Para-Archery Giovanile a Poggibonsi. Ero estremamente contenta e incredula per quanto mi stesse accadendo, tutto in così poco tempo, forse colpa della mia tenacia che cresceva sempre di più, giorno dopo giorno.
Ma il raduno in cui ho sentito di più la responsabilità di quello che facevo è stato quello svoltosi a Roma all’Acqua Acetosa col tecnico Fabio Olivieri, perché abbiamo indossato per la prima volta la maglia della Nazionale, emozione e sogno di ogni atleta.
Dopo quel raduno ho continuato a fare le mie gare domenicali in giro per la Sicilia e poi ai Campionati Italiani successivi finché, un giorno, grazie ad una inaspettata convocazione, iniziai saltuariamente a far parte della Nazionale Senior.
Ho conosciuto persone fantastiche, pronte a sostenermi e aiutarmi in ogni situazione. Con loro ho festeggiato i miei 18 anni, ho condiviso esperienze incredibili. Tra cui la mia prima trasferta internazionale ad Almere, in Olanda, dove ho provato emozioni indescrivibili, come giurare fedeltà alla maglia e alla bandiera italiana, fino a portare a casa un secondo posto di squadra.
Poi ho ricevuto anche la convocazione al mio primo Mondiale a Donaueschingen, in Germania, per finire l’anno preolimpico con l’ultima gara a Nove Mesto, trasferta per me molto dura e pesante perché oltre a concentrarmi a fare bene in gara, sia per me che per la squadra, dovevo fare i conti anche con gli esami di maturità imminenti. Nonostante il mio pensiero fisso per gli esami, quella in Repubblica Ceca è stata una delle mie gare più belle, perché ho realizzato il mio record personale e conquistato il 3° posto di squadra.
I primi di agosto mi è arrivata una lettera inaspettata, dove c’era scritto che mi era stata conferita la medaglia di bronzo al valore atletico per i risultati agonistici conseguiti nel 2015.
Sono stata molto contenta perché questi due anni e mezzo sono stati pieni di novità, soddisfazioni e cambiamenti per me, per la mia persona e per la mia vita.
So che impegni di questo livello comportano responsabilità non indifferenti, portando via tanto tempo da dedicare ad allenamenti continui e quotidiani, mettendo a volte da parte tante altre cose che vorrei fare. Ma in questo momento penso di avere degli obbiettivi da raggiungere. Tra questi il sogno di ogni atleta: poter partecipare ai Giochi Olimpici. So che sarà difficile, ma continuerò a sperare lo stesso sognando Tokyo 2020.
Kimberly Scudera